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Il percorso di innovazione del cantiere Digitalizzazione dal 2016 al 2023

Il principale filone di attività di ricerca e sviluppo si conferma essere quello del Cantiere Digitalizzazione e Tecnologie assistive. Non ci dilungheremo nella descrizione dei progetti rientranti all’interno del Cantiere, per i quali si rimanda al sito, ma si intende rappresentare e spiegare un percorso, dando brevemente conto dei principali risultati scaturiti da ciascuno, in termini di  outcomes.

 

PROGETTO OUTCOMES
CloudIA Primo approccio e presa di confidenza con soluzioni robotiche di Teleassistenza à ulteriormente sviluppate nei progetti Pronto Badante e Pharaon
Emersione del bisogno formativo in termini di alfabetizzazione digitale à a cui si è cercato di dare risposta col progetto formativo Datacoops
Pronto Badante 2017-2018 Sperimentazione della prima versione della app di telepresenza su un campione limitato di persone, con l’utilizzo dei tablet e con chiamate da remoto programmate à  miglioramento delle funzionalità della app attuato con le successive release
Ulteriore emersione del bisogno formativo in termini di alfabetizzazione digitale à progetto formativo Datacoops
Emersione del bisogno di orientarsi nel panorama dei potenziali fornitori di tecnologie à progetto formativo Voucher
Pronto Badante 2018-2019 Primo tentativo di coinvolgimento dei caregiver informali nell’utilizzo della app di telepresenza à  raccolta di idee e input per il miglioramento del layout e dell’usabilità, oltre che delle funzionalità
Pronto Badante 2019-2020

 

La situazione di necessità imposta dal distanziamento sociale ha reso necessario ricorrere a soluzioni digitali à

a)     emersione della possibilità di declinare i servizi anche in forma virtuale (socializzazione e animazione da remoto)

b)     emersione della possibilità di rendere la teleassistenza un servizio stabile, da integrare in quelli ordinari

E’ stata sperimentata per la prima volta la tecnologia come strumento di continuità della relazione anche in modalità remota à  si comincia a parlare della possibilità di integrare tra loro soluzioni tecnologiche diverse
Si arriva nelle edizioni successive allo sviluppo dell’ultima versione della app UP e-ASI, E-Assistant for Senior Improvement
Inside Out Rafforzamento della progettazione sul tema delle tecnologie 

Percezione della crescente necessità di acquisire competente digitali

Percezione della crescente necessità di acquisire competente digitali per comprendere e parlare un linguaggio comune à si comincia a strutturare internamente il cd Catalogo Tecnologie
Lezioni apprese dall’esperienza di attivazione del servizio di animazione da remoto con finalità di socializzazione à miglioramento del servizio sulla base delle criticità emerse
Pharaon

compresa esperienza del Fast Pilot, azioni urgenti per contrasto all’isolamento generato dalla pandemia – attivazione del servizio di telepresenza con robot e tablet utilizzando la app EASI

L’esperienza del Fast Pilot ha consentito di raccogliere e analizzare i dati sia dagli utenti anziani che dagli operatori professionali relativi a esperienza di uso, accessibilità, usabilità e criticità legate all’uso delle soluzioni impiegate à  perfezionamento delle funzionalità del robot nel corso del progetto e anche oltre l’emergenza pandemica
Utilizzo di tecniche di co-design, sia con altri partner che con i destinatari stessi del servizio à si è potuto toccare con mano quali sono le difficoltà principali e gli errori da evitare in future progettazioni
L’uso di soluzioni tecnologiche per il monitoraggio ambientale e indossabile, per la socializzazione e la stimolazione cognitiva hanno:

·         Rafforzamento della capacità di utilizzo di soluzioni differenti da parte dei professionisti della cura

·         Aumento della consapevolezza delle imprese socie che hanno intrapreso iniziative autonome di sperimentazioni con tecnologie

·         Presa di consapevolezza rispetto alle criticità delle tecnologie in termini di effettive funzionalità e di capacità di supportare il lavoro dei caregiver

Sperimentazione e consolidamento della metodologia di formazione denominata cascade training”:

·         Valorizzazione del capitale umano e del ruolo chiave delle figure professionali intermedie tra la rete e gli operatori, denominati “facilitatori

·         Idea di elaborare una metodologia formativa specifica sia per i facilitatori che per gli utenti finali

Definizione dei contorni del “facilitatore digitale”, nuova figura professionale ibrida à elaborazione di un quadro di competenze, conoscenze e abilità che tale figura deve avere nell’ambito di un gruppo di lavoro ad hoc
Iniziative di divulgazione per l’aggiornamento dei percorsi formativi per i professionisti della cura à prime iniziative da parte di alcune università italiane di inserire moduli specifici sull’uso delle tecnologie assistive
Acquisizione dell’evidenza circa la capacità del servizio di Telepresenza di rendere più efficienti i servizi domiciliari e di migliorare il senso di sicurezza ed indipendenza degli anziani. Messa a fuoco delle difficoltà soprattutto di carattere organizzativo e di adeguamento formativo del personale delle imprese sociali
Agape Da verificare alla luce della sperimentazione in corso nel 2024
Sperimentazione T-NET Rafforzamento della capacità dei professional caregiver di supportare i partner tecnologici nel miglioramento o nella implementazione di nuove funzionalità tecnologiche in modo da renderle più rispondenti ai bisogni dell’utenza
SIATE (in corso) Effettiva integrazione tra piattaforme diverse e utilizzo dell’AI (da verificare alla luce dell’attuazione del progetto tra il 2024 e 2025)

 

L’innovazione nella Rete UP

L’innovazione, di prodotto e/o di processo, costituisce il fine ultimo verso cui orientare tutte le attività di Ricerca & Sviluppo.

Negli anni è risultato evidente che non ogni attività, non ogni progetto, è in grado di determinare di per sé innovazione; in questo senso, quindi, è forse più opportuno parlare, per quello che riguarda la storia della Rete UP, di percorsi di innovazione.

Tali percorsi afferiscono, ciascuno con le proprie specificità, ai singoli Cantieri, ma c’è un minimo comun denominatore che li accomuna tutti, indipendentemente dal risultato o dal “livello di maturazione” effettivamente raggiunto.

Il fattore comune sta nella circostanza che l’attività di Ricerca e Sviluppo della Rete ha sempre tentato di guidare le imprese socie nell’individuazione e comprensione delle variabili (di contesto, di carattere organizzativo, economico, operativo, ecc.) che influiscono sull’effettiva acquisizione dell’innovazione.

Le prime sperimentazioni del cantiere Digitalizzazione hanno reso evidentissima questa necessità: infatti, non basta cominciare ad usare una soluzione tecnologica per parlare di innovazione. Occorre piuttosto comprendere la portata di certi processi e costruire i corretti presupposti sui quali fondare vera innovazione.

Fondamentali in tal senso sono i contributi a carattere formativo/informativo elaborati anche autonomamente dalla Rete e messi a fattor comune tra le imprese socie (formazione sull’alfabetizzazione digitale, catalogo tecnologie, report elaborati sugli strumenti per la finanza sociale, pre-studi o studi di fattibilità, visite internazionali in contesti particolarmente avanzati, ecc..), destinati a creare un terreno di comune conoscenza.

E’ con questa logica che ciascun Cantiere ha visto realizzarsi un percorso di innovazione.

Ci siamo molto interrogati anche sul nostro modo di fare Ricerca e Sviluppo e grazie al confronto con altre realtà simili operanti sul territorio nazionale, oggetto del progetto “Dai un senso al profitto” ed. 2023 (verrà presentato in una prossima newsletter), abbiamo messo a fuoco alcuni aspetti importanti, traendone di conseguenza anche spunti per un’analisi critica interna ed un processo di miglioramento.

In primo luogo, la consapevolezza di svolgere ricerca applicata, che origina da istanze molto concrete e cerca di offrire risposta a domande o bisogni specifici. Per far sì che il valore del percorso di innovazione possa essere compreso e percepito, occorre offrire ricadute pratiche al proprio lavoro ed evidenze quanto più possibile chiare dei risultati raggiunti, non solo dalle imprese socie, ma anche da stakeholder esterni come possono essere gli investitori. Questo ci ha indotto a riflettere, come stimolo al miglioramento, sul concetto di partecipazione, sulla necessità di rivedere i nostri strumenti di rendicontazione per renderli più efficaci a tale scopo e sul potenziamento delle attività comunicative interne.

Secondo fondamentale aspetto è quello dell’importanza di costruire una rete nazionale ed internazionale di partnership forti e strategiche, che consentano di attivare sinergie capaci di produrre innovazione oltre i confini del Terzo Settore.

Terzo aspetto, l’opportunità, o necessità in taluni casi, di aprirsi a forme di aggregazione più ampie per poter fare “massa critica” ed assumere una struttura adeguata a far fronte a cambiamenti particolarmente impattanti.

Gli obiettivi strategici 2024

Per la rete UP Umanapersone il 2024 è un anno particolare. I due obiettivi prioritari sono quelli di:

– allargare la propria base sociale oltre il perimetro toscano, trasformandosi in fondazione di partecipazione;

– far sì che l’impatto delle progettualità̀ realizzate e da realizzare generi cambiamenti strutturali nel nostro modo di essere imprese sociali, in particolare sul versante della digitalizzazione.

Insieme ed in coerenza ad essi, la rete sarà̀ impegnata:

– nell’approfondire le declinazioni delle proposte/soluzioni/questioni raccolte nel Documento Programmatico relative alla necessità di una politica industriale per l’impresa sociale;

– nello sviluppare la propria capacità di progettazione, in particolare nei confronti di bandi- finanziatori nazionali-europei;

– nel sostenere le imprese socie a definire e praticare nuove modalità di partecipazione della base sociale, rafforzando di conseguenza i propri tratti mutualistici e di responsabilità nei confronti dei lavoratori e delle lavoratrici che le partecipano;

– nel proseguire il processo di efficientamento della propria operatività, sia sul versante della strumentazione a disposizione della Direzione che su quello del coinvolgimento delle competenze interne alle imprese socie.

Lara Toccafondi, Project Manager Cantiere Digitalizzazione e Tecnologie Assistive Rete UP

Innovazione e assistenza domiciliare: Il Robot di Telepresenza che supporta la cura degli anziani.

Grazie ad una convenzione con l’Università di Firenze, Umana Persone ha ospitato nel corso del 2023 il tirocinio di Alessia Bylykbashi, studentessa del corso di Laurea Magistrale in Ingegneria Gestionale.

Alessia ha avviato uno studio sulla valutazione d’impatto dell’inserimento di robot di telepresenza nei servizi di assistenza domiciliare, e ha approfondito il lavoro con la sua tesi di laurea, dal titolo “Methods and models for the redesign of home care services enabled by the introduction of assistive technologies”.

La tesi ha esplorato il processo decisionale per l’introduzione del robot di telepresenza, utilizzando l’approccio MACBETH. Questo metodo ha permesso di analizzare 19 criteri diversi, portando alla scelta di una soluzione che massimizza i benefici: l’uso ottimale del robot è finalizzato a monitorare e offrire supporto sociale, migliorando la frequenza e la qualità degli interventi. I criteri hanno spaziato dall’efficacia del robot nel monitoraggio delle condizioni di salute, alla sua capacità di fornire supporto emotivo e sociale, fino alla facilità di utilizzo da parte degli anziani e dei loro caregiver. Si è tenuto conto anche dell’impatto sulla privacy e della sicurezza dei dati, aspetti cruciali nei servizi alla persona.

L’analisi evidenzia che l’uso del robot non solo può aumentare l’efficienza dei servizi, ma è in grado anche di migliorare la qualità della vita degli utenti, fornendo loro maggiore sicurezza e indipendenza. Sottolinea però anche come l’introduzione di questo tipo di soluzioni presenti importanti sfide alle organizzazioni, quali la loro integrazione nella struttura organizzativa esistente e la formazione del personale.

Questo studio offre una roadmap per le cooperative che desiderano introdurre tecnologie simili: mostra l’importanza di un’analisi dettagliata e del coinvolgimento degli stakeholders, fornendo un modello replicabile per future innovazioni.

Il risultato di questo lavoro ci dice che l’uso di dispositivi digitali rappresenta una forma di innovazione che va oltre la mera efficienza operativa: abbiamo a che fare con l’introduzione di un nuovo modo di pensare la cura, ponendo le basi per un futuro in cui la tecnologia integra e sostiene il lavoro delle/per le persone.

Gianluca Salvatori, Segretario Generale di EURICSE e membro del GECES (Gruppo di esperti della Commissione Europea sull’economia sociale)

DAI MARGINI AL CENTRO: L’ECONOMIA SOCIALE E I COMPITI DELLE ISTITUZIONI E DELLE IMPRESE SOCIALI.

Ce ne parla Gianluca Salvatori.

 

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Pochi mesi ancora e l’attuale Commissione europea concluderà il suo mandato. È presto per prevedere l’esito delle prossime elezioni ma dopo i recenti risultati elettorali in Polonia, la formazione del nuovo governo spagnolo e considerata la situazione in Germania, dove il quadro politico non sembra più virare a favore delle forze a destra dei popolari, appare al momento probabile la riconferma dell’accordo tra i tre più grandi raggruppamenti della politica europea: popolari, socialisti e liberali.

La prospettiva di una continuità con la gestione von der Leyen sarebbe una buona notizia. Malgrado le enormi fragilità della governance europea – come di nuovo evidenzia in queste settimane l’impotenza dell’Europa sulla scena internazionale – l’attuale Commissione sarà comunque ricordata come una delle migliori di sempre. A contraddistinguerla, la consapevolezza di dover far fronte a grandi transizioni, anche rimettendo in discussione le politiche con cui l’Unione europea ha reagito alla grande recessione del 2008 e, soprattutto, alla crisi dell’area euro e del debito sovrano. Gli eventi hanno spinto le istituzioni di Bruxelles a guardare la realtà con schemi diversi dal passato, in più di un caso superando in lungimiranza i governi nazionali. 

La Commissione uscente ha dovuto prendere atto dell’impatto negativo prodotto dalle politiche di austerity sulla tenuta sociale dell’Unione e ha dato voce alla necessità di percorrere strade nuove rispetto al tradizionale approccio basato su competizione, riduzione dei vincoli alle forze del mercato, riduzione del deficit e rigore fiscale. Per reagire ai rischi posti al progetto europeo dalla rinascita dei nazionalismi e dalla crescente ondata populista l’attenzione è tornata sul pilastro sociale, di cui si era persa traccia dai tempi di Jacques Delors. Su un fronte ciò si è tradotto in un rinnovato spazio per l’iniziativa pubblica, fondato sull’assunto che i fallimenti del mercato non sono rare eccezioni e che lo Stato non è sostituibile quando si tratta di affrontare crisi di ampie dimensioni.  Sull’altro fronte, complementare, si è invece fatta strada l’esigenza di ripensare il rapporto tra economia e società in chiave di non subordinazione della seconda alla prima.

La pandemia ha provocato una serie di interventi impensabili nel passato, come il piano per la ripresa e resilienza (Next Generation EU), il meccanismo di salvaguardia dell’occupazione (SURE) e la sospensione del patto di stabilità. Tutte misure per il cui finanziamento l’Unione europea ha infranto il tabù del debito comune promuovendo una visione di politica economica condivisa. Dopo decenni di enfasi sull’allargamento del mercato unico e sulle politiche per la concorrenza un nuovo lessico ha cominciato ad affacciarsi nei palazzi della Commissione. Il riferimento alla dimensione sociale ha cominciato a uscire dagli stretti limiti di una visione che gli assegnava un ruolo marginale e comunque di competenza solo nazionale. Ed è in questo contesto che la Commissione è intervenuta per affermare l’importanza dell’economia sociale nelle proprie strategie di sviluppo, allargando lo sguardo fino a comprendere anche l’esistenza e la funzione di attività economiche non rivolte esclusivamente al profitto. Dalle imprese sociali e cooperative alle fondazioni, dalle mutue agli enti non profit, nel linguaggio delle autorità europee è entrato un concetto che tiene insieme tutte le forme in cui la società civile opera nella sfera economica per produrre beni di interesse generale. Si è venuta strutturando una visione secondo cui per lo sviluppo dei paesi europei è fondamentale anche una nozione (e una pratica) di impresa che non sia concepita soltanto come strumento per il profitto. Perché le conseguenze della teoria del primato degli investitori, in auge dagli anni ‘80, ha dimostrato di generare un livello di disuguaglianza e esclusione sociale che rischia di compromettere il disegno di unità europea.

In questa direzione, in pochi anni, da Bruxelles sono arrivati segnali molto chiari. Prima (2021) l’approvazione di un Piano di azione per l’economia sociale, di durata decennale e con relativi impegni finanziari sul bilancio UE. Poi il riconoscimento dell’economia sociale nell’ambito della Strategia industriale europea, promossa a specifico settore della strategia per una transizione sostenibile. Questi due atti implicano a loro volta una serie di impegni sul fronte dei finanziamenti, degli investimenti, dell’adeguamento normativo, degli interventi di capacity building e di formazione, della partecipazione alle politiche settoriali. Fino al ripensamento stesso delle regole che disciplinano gli aiuti di Stato e dei meccanismi che regolano le commesse pubbliche, in quanto il riconoscimento della specificità dell’economia sociale ne impone la revisione alla luce dei vincoli di non redistribuzione degli utili e della finalità orientata all’interesse generale. In altre parole, una profonda revisione dell’insieme delle politiche rivolte a organizzazioni che erano viste come marginali, e limitate a interventi di politica sociale, e che ora invece vengono scoperte per il valore che possono portare alle strategie europee a tutto campo, superando l’artificiosa distinzione tra ambito economico e sociale.

Proprio in queste settimane questa posizione della Commissione ha fatto un ulteriore passo in avanti. Nel Consiglio europeo di novembre è stata approvazione di una Raccomandazione che impegna tutti gli Stati membri a promuovere l’economia sociale a livello nazionale. Una raccomandazione – come è noto – non ha la forza normativa di una direttiva o un regolamento, ma comunque rappresenta un livello più alto di impegno perché pone le autorità europee nella condizione di monitorare i governi nazionali e pungolarli perché passino dalle parole ai fatti. Non si tratta più infatti soltanto delle scelte di Bruxelles, ma di un impegno che ricade su tutti i paesi membri. Con questo passaggio si chiude un ciclo, sotto la diretta responsabilità delle autorità europee, e se ne apre un altro che sollecita l’impegno dei governi nazionali. La Raccomandazione è stata approvata da tutti gli Stati dopo un lavoro che ha permesso di definire una cornice comune di riferimento per favorire politiche nazionali che tengano conto della eterogeneità dei contesti locali. L’Italia, forte di una presenza significativa di organizzazioni di economia sociale, ha contribuito dal basso a questo percorso e quindi è impegnata a dare seguito a questo indirizzo. I prossimi mesi mostreranno quanto convinta sia stata l’adesione italiana alla Raccomandazione. E si vedrà se le linee di azione proposte da Bruxelles troveranno un terreno accogliente tanto a livello di istituzioni pubbliche nazionali e regionali, quanto tra le organizzazioni che compongono il settore dell’economia sociale. Come già sta avvenendo a livello europeo, il riconoscimento istituzionale sarebbe ben poca cosa se non venisse accompagnato da una serie di azioni relative alle politiche di merito, alle misure finanziarie, agli strumenti di sostegno e promozione. Perché l’economia sociale venga presa sul serio è l’intero approccio che va ripensato. E questo richiede che iniziativa dal basso e dall’alto si incontrino.

In altri paesi, infatti, il processo di riconoscimento dell’economia sociale si è messo in movimento quando entrambi i mondi – quello pubblico e quello delle organizzazioni del settore – si sono resi disponibili a superare i tradizionali confini, tra di loro ma anche al loro interno, accettando di creare occasioni e infrastrutture di lavoro comune tra le diverse componenti. È così, ad esempio, che in Spagna il Cepes – il comitato che riunisce i diversi attori dell’economia sociale – è riuscito a influire sul processo legislativo ottenendo una legge che, già da dieci anni, riconosce il ruolo del settore. E sulla cui base è stato possibile che all’associazione di rappresentanza delle organizzazioni dell’economia sociale venisse riconosciuto il ruolo di autorità di gestione dei fondi europei destinati al settore, ottenendo un accesso diretto alle risorse di Next Generation e della programmazione europea 2021-27. O, anche, è in questo modo che l’economia sociale francese è riuscita nel corso del tempo ad ottenere che vi fosse un interlocutore politico di alto livello nel Governo, con il quale sviluppare strategie di sviluppo in una prospettiva sistemica.

La Raccomandazione del Consiglio europeo prevede che nei prossimi diciotto mesi gli stati membri provvedano a definire dei piani nazionali per promuovere coerenti politiche pubbliche di sostegno all’economia sociale. Se l’esperienza europea può insegnarci qualcosa, il processo va stimolato dal basso. La consapevolezza del ruolo dell’economia sociale non è sorta spontaneamente nelle istituzioni europee, e quindi anche a livello nazionale sono impensabili accelerazioni senza un impegno vigoroso da parte degli attori interessati. È richiesta una prova di maturità: il salto dalla difesa delle singole forme, organizzative e giuridiche, alla capacità di concepirsi come un insieme, fatto da componenti diverse ma con una visione comune del rapporto tra economia e società. È questa, anche in Italia, la strada da percorrere. Possibilmente senza perdere tempo.